Crimini sessuali e il Vaticano
Il 28 agosto 2003 Maurizio Turco, Marco Pannella, Marco Cappato e Gianfranco Dell’Alba presentarono al Consiglio Europeo la seguente interrogazione parlamentare scritta(1) n. E-2612/03:«Il 6 agosto 2003 la rete americana CBS ha reso noto un documento, rimasto segreto dal 1962, della “Suprema Sacra Congregazione del Sant’Ufficio” (oggi “Congregazione per la dottrina della Fede”, in origine “Sacra Congregazione della Romana e Universale Inquisizione”. Tale documento, l’istruzione “Crimen Sollicitationis“, destinato a tutti i Patriarchi, gli Arcivescovi, i Vescovi e Ordinari di altre sedi, “anche di Rito Orientale”, sul modo di procedere nelle cause di sollecitazione, è datato 16 marzo 1962. Il documento, destinato ad essere “diligentemente conservato nell’archivio segreto della curia”, fornisce tassative istruzioni da adottare in materia di crimini sessuali commessi da membri del clero nei confronti di fedeli. Da tale documento emerge che la Santa Sede ha prescritto, adottato e fatto adottare, proposto ed imposto alle suddette autorità ecclesiastiche comportamenti volti a sottrarre ad ogni pubblica conoscenza e alla giustizia gli abusi sessuali compiuti da membri del clero, pena la scomunica. Con la lettera apostolica del 30 aprile 2001 “Motu Proprio Datae Quibus Normae De Gravioribus Delictis” a firma di Giovanni Paolo II e con l’epistola “De Delictis Gravioribus” della Congregazione per la Dottrina della Fede a firma del Cardinale Ratzinger, del 18 maggio 2001, risulta che la “Crimen Sollicitationis” è stata, almeno in queste recenti occasioni, richiamata e ribadita a fronte dell’estendersi ed aggravarsi nei decenni di questa vera e propria piaga del mondo ecclesiastico cattolico e degli scandali conseguenti. A riprova, anche se non necessaria, da molte parti vengono denunciati il rifiuto di collaborare con la giustizia e con le indagini di polizia, nonché l’ostruzione della giustizia. Visti i rapporti istituzionali e diplomatici che l’Unione europea ha con la Santa Sede, si chiede di sapere: – quali iniziative conoscitive, preventive e sanzionatorie nonché diplomatiche intende prendere in relazione al fatto che le istruzioni contenute in questi documenti sono in contrasto con le politiche dell’Unione e degli Stati membri in materia di diritti dell’uomo e libertà fondamentali e di lotta agli abusi sessuali, in particolare contro i bambini e le donne? – intende invitare la Santa Sede a rimuovere quelle prescrizioni che sono chiaramente ed esplicitamente volte a sottrarre alla società e, in particolare, all’amministrazione della giustizia, la conoscenza di una grave piaga morale, sociale e politica? – intende compiere un’indagine sulle relazioni tra Stati membri e Vaticano al fine di verificare se i rapporti giuridici che regolano tali relazioni e che concedono privilegi al clero rispetto all’ordinamento degli Stati membri non siano in contrasto con le norme internazionali ed europee in materia di diritti e libertà fondamentali? – ritiene che sia urgente rivedere l’articolo 51 del progetto di Costituzione europea, al fine di evitare che il diritto nazionale ed europeo creino zone d’ombra e di impunità per il clero?».
Il 5 dicembre 2003, in risposta all’interrogazione, il Consiglio affermava di non essere a conoscenza delle informazioni cui fa riferimento l’Onorevole parlamentare perché:«Il Consiglio non partecipa ai negoziati sul progetto di trattato costituzionale, che rientrano nella competenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri»(2).
Cosa contiene il documento e perché i citati componenti del Parlamento Europeo hanno ritenuto di doversene occupare? Andiamo per gradi! Il documento istruisce i destinatari(3) relativamente alle procedure da rispettare nelle cause di molestia, e contiene l’invito a conservarlo «diligentemente nell’archivio segreto della curia in rapporto alla norma interna da non pubblicare e da non accrescere con alcun commento»(4). Ha, inoltre, forza di legge «dal momento che il Sommo Pontefice, a norma del can. 247 I del Codice di diritto canonico promulgato nel 1917, presiedeva la Congregazione del Sant’Offizio e l’istruzione procedeva dalla sua personale autorità, poiché il cardinale in carica in quel momento fungeva solo da segretario(5)».
Il reato di molestie, inerente al diritto canonico(6), si ha quando un sacerdote ha «tentato di incitare o invitare un penitente – qualsiasi persona sia – a comportamenti disonesti e vergognosi sia con parole, sia con segni, sia con cenni, sia con contatto fisico o attraverso la scrittura da leggere al momento o in seguito o abbia tenuto con lui discorsi o pratiche illecite e disoneste con audacia sconsiderata». Direbbero a Roma:”Ma che ce stai a provà?”. Purtroppo non c’è niente da ridere, perché di quello che viene definito “orribile reato(7)” sono vittime soprattutto bambini e bambine.
Il Titolo I della Crimen Sollicitationis riguarda la prima notizia del delitto; al punto 15 si osserva, con grande acume, che il delitto di molestie «si suole compiere lontano da testimoni» e che ciò comporta un «inestimabile danno per le anime», ecco perché è «stato necessario costringere il penitente davvero molestato, unico consapevole di quel fatto, a rivelarlo attraverso una denuncia imposta da una legge stabilita». L’utilizzo dell’avverbio “davvero” chiarisce che le molestie devono essere accadute realmente e induce a pensare, sin da subito, che il denunciante potrebbe non dire la verità. Non si comprende, altresì, se l’inestimabile danno dell’anima riguardi il violentatore, il violentato o entrambi. In ogni caso, la vittima deve «norma delle Costituzioni Apostoliche e particolarmente della Costituzione di Benedetto XIV Sacramentum Poenitentiae 1 giugno 1741» denunciare, entro un mese, il sacerdote colpevole del delitto di molestie in confessione al Vescovo del luogo o alla Sacra Congregazione del Santo Uffizio(8). L’omissione della denuncia comporta, per il fedele (che coincide con l’abusato) la scomunica latae sententiae (9)(10).
La Chiesa cattolica ha il terrore degli scandali e pretende la massima segretezza sulle cause che riguardano il reato di molestie (rectius: reato di violenza sessuale consumata o tentata), estensione dell’obbligo di segretezza che nel 1974 è stata introdotta con l’Istruzione “Secreta Continere”. Il segreto del Sant’Ufficio viene così sostituito dal segreto pontificio e viene eliminata la possibilità di far dipendere il grado di segretezza dall’importanza della questione trattata.
La competenza per territorio e materia del reato spetta all’ordinario del luogo nel quale l’accusato ha la residenza(11), ma la causa può essere avocata dalla Congregazione del Sant’Uffizio: tutte le persone coinvolte devono osservare la massima segretezza, compreso l’abusato-denunciante il quale, subito dopo aver presentato la denuncia «e prima che sia congedato, si riferisca, come sopra, il giuramento di conservare il segreto, minacciando, se fosse necessario, la scomunica riservata all’Ordinario del luogo o alla S. Sede (cf. n. 13)(12) (13) (14)(15)».
Il Titolo II della Crimen Sollicitationis attiene al processo, per ciò che qui rileva è sufficiente evidenziare che una volta avviata l’inchiesta (Cap. I) «se il sacerdote denunciato è un Religioso, l’Ordinario potrà impedire che sia trasferito altrove prima della conclusione del processo»; questo chiarisce che il presunto molestatore potrà continuare a rimanere in parrocchia. Il Capitolo II del documento dispone come procedere una volta chiuso il processo inquisitorio. In tal caso il Vescovo residenziale procede come segue: a) se la denuncia è totalmente destituita di fondamento dopo averne dato atto a verbale dispone la distruzione di tutti i documenti; b) se gli indizi sono vaghi, indeterminati o incerti dispone che gli atti vengano archiviati; c) «se però gli indizi di reato venissero ritenuti abbastanza gravi ma non ancora sufficienti ad istituire un’azione accusatoria, come in particolare se si abbiano una sola o solo due denunce con regolari investigazioni, ma non rafforzate da alcuna prova sussidiaria (cf. n.36), o anche più denunce, ma con investigazioni incerte o incomplete, si ordini che l’accusato secondo i diversi casi (Form. M) la prima o la seconda volta, sia ammonito paternamente, severamente o molto severamente a norma Can. 2307, dopo avere aggiunto, quando fosse necessario, una esplicita minaccia di processo, sia gravato da qualche altra nuova accusa; e gli atti, come sopra, siano conservati nell’archivio e nel frattempo si vigili sui costumi degli imputati (Can. 1946, §2, n. 2); d) se infine siano a disposizione argomenti sicuri o almeno probabili per istituire l’accusa, si ordini che l’accusato sia citato e sia assoggettato alle disposizioni». In quest’ultimo caso il giudice, paternamente e dolcemente (ndr., non si sa mai possa indisporre o creare nocumento alcuno all’orco, poveretto), lo inviterà a confessare l’abuso. Se il maniaco confessa si potrà chiudere il processo con una sentenza definitiva, al contrario, se nega, si apre il procedimento. A questo punto il promotore di giustizia può prendere i seguenti provvedimenti provvisori in attesa della conclusione del giudizio:«sospendere completamente dall’esercizio del sacro ministero l’accusato convenuto o soltanto dall’ascolto delle confessioni sacramentali dei fedeli fino alla conclusione del giudizio». La sentenza può essere di condanna, di assoluzione o di condono.
Veniamo alle pene – fantasiose e assolutamente insufficienti se si considera il danno fisico, morale e psicologico arrecato alle vittime dal prelato – che consistono nella sospensione dalla celebrazione della Messa e dall’ascolto delle confessioni sacramentali «o anche, in ragione della gravità dei reati, sia dichiarato incapace a ricevere le stesse, sia privato di tutti i benefici, le dignità, della voce attiva e passiva, e sia dichiarato inabile a tutte queste cose, e nei casi più gravi sia assoggettato anche alla degradazione”. Così nel Can. 2368 §1 del Codice». Quest’ultima, «che per gli accusati Religiosi potrà essere mutata alla riduzione allo stato di converso soltanto quando, esaminati tutti i punti, appaia evidente che il colpevole, immerso nell’abisso della malizia, nell’abuso del sacro ministero, con grande scandalo dei fedeli e rovina delle anime, sia arrivato a tale avventatezza e consuetudine che, parlando da uomini, non rifulga più addirittura quasi nessuna speranza di una sua correzione»(16).
Infine, il Titolo V della “Crimen Sollicitationis” definisce il “peggiore dei delitti” come «qualsiasi atto osceno esterno, gravemente peccaminoso, compiuto o tentato in qualsiasi modo da un membro del clero con una persona del proprio sesso»: «Al peggiore delitto va equiparato, per gli effetti penali, qualsiasi azione oscena esterna, gravemente peccaminosa, compiuta da un membro del clero in qualsiasi modo, o tentata, con ragazzi di ciascun sesso o con animali bruti (s). bestialitas».
Nell’intero documento non si fa mai cenno all’obbligo di denuncia delle violenze sessuali alle autorità civili. Tutto deve svolgersi, è bene ribadirlo, nella massima segretezza, all’interno dei sacri palazzi, senza che nessuno sia informato, anche se dovessero essere coinvolti, come accade di norma, minori, nonché bambini e bambine. Il delitto però, secondo la Congregazione per la dottrina della fede, non riguarda in primis l’essere umano, le sue sofferenze e la violenza subita da parte di un prete, al quale, normalmente, i bambini e le bambine vengono affidati da genitori cattolici, ma «un l’abuso della santità e della dignità del Sacramento della Penitenza da parte di un prete cattolico» che sollecita «il penitente a peccare contro il sesto comandamento, con il confessore o con una terza persona(17)». A leggere questo obbrobrio, ossia che il penitente abusato commette peccato assieme al confessore maiale (con rispetto per il suino a quattro zampe), si comprende l’assurdità di un ordinamento – e di una religione – che pone sullo stesso piano vittima e carnefice. Non solo, il fedele che tralascia scientemente di denunciare colui dal quale sia stato molestato incorre, si è già detto sopra, in scomunica latae sententiae, e non deve essere assolto se non dopo che abbia soddisfatto l’obbligo o abbia promesso che lo soddisferà più tardi. Non ci sono vergogne o traumi che tengano, non c’è depressione o senso di colpa, la scomunica incombe sul violentato che non si adegua. La Chiesa cattolica indaga su se stessa, o meglio, sui propri ministri, e li assolve dai propri peccati scomunicando la vittima. I panni sporchi si lavano in famiglia.
Nel 1962 Papa Giovanni XXIII autorizzò una ristampa dell’Istruzione “Crimen Sollicitationis” del 1922 con una breve aggiunta sulle procedure amministrative nei casi che coinvolgevano chierici religiosi; «I casi riguardanti la dignità del Sacramento della Penitenza, dopo il Concilio Vaticano II rimasero alla Congregazione per la Dottrina della Fede (già Sant’Uffizio; il nome venne cambiato nel 1965), e l’Istruzione fu ancora usata per questi casi fino alle nuove norme fissate dal motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” del 2001(18)».
Cosa è cambiato? Con la Costituzione Apostolica Pascite greggem Dei, datata a Roma il 23 maggio 2001, Papa Francesco ha promulgato il nuovo testo del Libro VI del Codice di Diritto Canonico, entrato in vigore l’8 dicembre 2021. A parte alcune novità, nulla è mutato, è sufficiente leggere il can. 1385, la Chiesa cattolica continua a proteggere se stessa dal clamore degli abusi sessuali, che rimangono all’interno della non ben definita “violazione del VI comandamento del decalogo”(19) (Titolo III, dei delitti contro i sacramenti, Can. 1385 – Il sacerdote che, nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione sacramentale, sollecita il penitente al peccato contro il sesto precetto del Decalogo, a seconda della gravità del delitto, sia punito con la sospensione, con divieti, privazioni e, nei casi più gravi, sia dimesso dallo stato clericale).
La Chiesa ha un grandissimo problema interno che riguarda i sacerdoti pedofili, dall’America all’Irlanda, dall’Europa all’Australia, con migliaia di vittime in tutto il mondo(20)(21)(22). Cosa bisogna fare se si è coinvolti o se si viene a conoscenza di “reati inerenti la sfera sessuale” che coinvolgono qualsiasi prelato e i minori? Informare le autorità civili, questa è la soluzione migliore.
(1) https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-5-2003-2612_IT.html, domenica 11 maggio 2025, ore 19.58.
(2) https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-5-2003-2612-ASW_IT.html, domenica 11 maggio 2025, ore 20.07.
(3) Patriarchi, arcivescovi, vescovi e altri membri del clero dei luoghi «anche di rito orientale».
(4) https://retelabuso.org/wp-content/uploads/2000/07/crimen.pdf, domenica 11 maggio 2025, ore 20.36.
(5) Lettera apostolica in forma di «motu proprio» Sacramentorum santitatis tutela del sommo pontefice Giovanni Paolo II, Roma, 30 aprile 2001.
(6) https://dizionari.simone.it/9/diritto-canonico, domenica 11 maggio 2025, ore 20.59. (V. Titolo VI, delitti contro la vita e la libertà dell’uomo). Lettera apostolica in forma di «motu proprio» Sacramentorum santitatis tutela del sommo pontefice Giovanni Paolo II, Roma, 30 aprile 2001.
(7) Crimen Sollicitationis, vedi punto 2, introduzione preliminare “Sulla procedura nelle cause di molestia”.
(8) Crimen Sollicitationis, vedi punto 16.
(9) v. Can. 1314 – La pena ordinariamente è ferendae sententiae, di modo che non costringe il reo se non dopo essere stata inflitta; è poi latae sententiae, sempre che la legge o il precetto espressamente lo stabilisca, di modo che in essa si incorra per il fatto stesso d’aver commesso il delitto.
(10) Crimen Sollicitationis, punto 19: «L’onere della denuncia è personale e deve essere adempiuto regolarmente dalla stessa persona molestata. Ma se venga impedito da gravissime difficoltà che di persona possa portare a termine ciò, allora o per lettera o attraverso un’altra persona benvista da lui, raggiunga il suo Vescovo o la Congregazione del Santo Uffizio o la S. Penitenziaria, dopo aver esposto tutte le circostanze (Instr. Sancti Officii, 20 febbraio 1867, n.7)».
(11) Crimen Sollicitationis, punto 3: «Con il nome di Ordinari dei luoghi qui si intendono, ciascuno in rapporto al proprio territorio, il Vescovo residenziale, l’Abate o il prelato nullius (cioè con territorio e popolo separati ed esenti) l’Amministratore, il Vicario e il Prefetto Apostolico e coloro che, mancando i predetti, hanno la successione nel frattempo secondo quanto prescritto nel diritto o secondo decreti approvati (Can. 1589); non tuttavia il Vicario Generale, se non per speciale delega».
(12) Crimen Sollicitationis, punto 13: «Debbono prestare sempre il giuramento di conservare il segreto anche gli accusatori, sia i denuncianti che i testimoni; essi però, non sono sottoposti a nessuna censura, a meno che per caso non ne sia stata inflitta loro qualcuna durante l’accusa, la deposizione o l’escussione. L’accusato sia però ammonito pesantemente a mantenere anche lui il segreto con tutti tranne che con il suo difensore, sotto pena di sospensione immediata a divinis in caso di trasgressione. Si veda anche l’allegato E alla Crimen Sollecitationis».
(13) Crimen Sollicitationis, punto 11: «Infatti quello che nel trattare queste cause deve essere curato e osservato in misura più grande è che le medesime si svolgano segretissimamente e che, dopo che siano state determinate e ormai affidate ad esecuzione siano vincolate da un perpetuo silenzio (Instr. del Santo Uffizio, 20 febbraio 1867, n.14); tutti anche presi singolarmente, in qualsiasi modo appartenenti al tribunale, o ammessi a causa del loro incarico alla conoscenza degli avvenimenti sono tenuti a conservare inviolabilmente il segreto strettissimo, che è comunemente definito segreto del Santo Uffizio, sotto pena di incorrere nella scomunica latae sententiae, immediatamente e senza altra dichiarazione, e riservata alla sola persona del Sommo Pontefice, ad esclusione della Sacra Penitenziaria».
(14) Vedi anche Crimen Sollicitationis, punto 36.
(15) Vedi anche Crimen Sollicitationis, punto 37 e 38: «Per quanto riguarda infine il terzo punto (c), se nelle denunce, cosa che avviene non di rado, vengano eventualmente introdotte persone ugualmente molestate o che possano in qualche modo portare testimonianza di questo delitto, anche tutte queste devono essere esaminate e particolarmente con procedura giudiziaria (Form. 1): e per prima cosa devono essere interrogate in senso generale (per generalia), poi per gradi, finché così suggerisca la situazione, arrivando ai fatti particolari (ad particularia), se e come anche esse siano state molestate, o se siano a conoscenza o abbiano sentito dire che altre persone siano state molestate (Instr. del Santo Uffizio, 20 febbraio 1867, n. 9)»; «Bisogna tuttavia usare grandissima circospezione nell’invitare queste persone; infatti non sempre sarà opportuno che esse si radunino nel luogo pubblico della cancelleria, in particolare se debbano essere sottoposte ad esame o ragazze o ammogliate o addette alla servitù; allora sarà più saggio convocarle, in base alla prudente valutazione dell’Ordinario o del giudice, con prudenza o nelle cappelle o altrove (per esempio in sede confessionale) per esaminarle. Se quelle che devono essere esaminate si trovassero o nei monasteri o negli ospedali o nelle pie case delle fanciulle, allora si dovranno chiamare con grande attenzione e in diversi giorni secondo le particolari circostanze (Istr. del Santo Uffizio, 20 luglio 1890)».
(16) vedi anche Crimen Sollicitationis, punto 64 e 65:«Comminate convenientemente le pene, per ottenere un effetto di queste più completo e più sicuro, si dovranno aggiungere nelle cause di questo tipo queste sanzioni supplementari, cioè: a) A tutti gli accusati riconosciuti colpevoli si aggiungano delle congrue, a misura della colpa, e salutari penitenze, non in sostituzione delle pene propriamente dette nel senso del Canone 2312, §1, ma per loro complemento, e tra queste (cf. Can. 2313) soprattutto gli esercizi spirituali, che devono essere fatti per alcuni giorni in qualche casa religiosa con sospensione dalla celebrazione della Messa, per tutta la loro durata. b) Ai rei convinti e confessi si imponga inoltre l’abiura, secondo i diversi casi, dal sospetto leggero o forte di eresia, nel quale incorrono i sacerdoti che compiono molestie, o anche dalla eresia formale, se eventualmente il reato di molestia sia unito ad una falsa dottrina. c) Coloro che sono in pericolo di ricadere, e perciò tanto più i recidivi siano sottomessi a una particolare sorveglianza (Can. 2311). d) Ogniqualvolta, a prudente giudizio dell’Ordinario, sembri necessario, per correzione del colpevole, per rimuovere la più vicina occasione, o per prevenire lo scandalo, si aggiunga la proibizione o la prescrizione di fermarsi in un luogo fissato. (Can. 2302). e) Infine, poiché, per quanto ciò sia delineato nella Cost. Sacramentum Poenitentiae, non si può avere mai nessuna regola nel foro esterno, dunque di sigillo sacramentale, alla fine della sentenza di condanna si dia al Colpevole il consiglio che, se per caso avesse assolto il complice, provveda alla sua coscienza attraverso il ricorso alla Sacra Penitenziaria»;«A norma Can. 2236, §3 tutte queste pene, una volta che siano state applicate per obbligo dal giudice, non possono essere condonate se non dalla Santa Sede attraverso la Sacra Congregazione del Santo Uffizio».
(17) vedi l’introduzione storica alle norme del motu proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela” (2001) a cura della Congregazione per la dottrina della fede, 15 luglio 2010:«Pochi anni dopo la promulgazione del Codice del 1917, il Sant’Uffizio emanò un’Istruzione, la “Crimen Sollicitationis” (1922), che dava istruzioni dettagliate alle singole Diocesi e ai tribunali sulle procedure da adottare quando si doveva trattare il delitto canonico di sollecitazione. Questo gravissimo delitto riguardava l’abuso della santità e della dignità del Sacramento della Penitenza da parte di un prete cattolico, che sollecitasse il penitente a peccare contro il sesto comandamento, con il confessore o con una terza persona».
(18) Ibidem
(19) Per un’analisi particolareggiata delle novità si rimanda a “Abuso sessuale di minori e persone vulnerabili ad opera di chierici nel territorio della Diocesi di Bolzano-Bressanone dal 1964 fino al 2023 – Responsabilità, cause sistemiche e raccomandazioni” del 25 gennaio 2025; indagine interamente indipendente realizzata nell’ambito del progetto della Diocesi di Bolzano-Bressanone inti- tolato “Il coraggio di guardare”, reperibile qui.
(20) https://www.uaar.it/ateismo/controinformazione/abusi-sessuali-chiesa-cattolica/, martedì 13 maggio 2025, ore 20.21.
(21) https://www.rivistailmulino.it/a/pedofilia-nella-chiesa, martedì 13 maggio 2025, ore 20.23.
(22)https://www.bostonglobe.com/news/special-reports/2002/01/06/church-allowed-abuse-priest-for-years/cSHfGkTIrAT25qKGvBuDNM/story.html,martedì 13 maggio 2025, ore 20.23
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