Il battesimo – origine e giustificazione

“La rivelazione ci da la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori” (CCC 390). “Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione», e che esso pertanto è «proprio a ciascuno» (Dz-Sch. 1513)1»

Sembrerebbe, secondo il cristianesimo, che Adamo ed Eva siano la causa prima del peccato, ovvero coloro che causarono la rovina dell’intero genere umano. Tutto ebbe inizio con la disobbedienza dei nostri presunti progenitori, coloro che diffusero il peccato come una pestilenza. La colpa, conseguente all’azione peccaminosa, passò, secondo la Genesi biblica cosi come interpretata dalla dottrina cattolica, di carne in carne per propagazione. Dio onnipotente, compassionevole, misericordioso, onnisciente e onnipresente, per l’errore dei nostri progenitori decise, secondo il cristianesimo, di condannare a morte miliardi di persone. Ecco perché, appresa la disobbedienza delle Sue due creature, era talmente furente che maledisse la terra, dalla quale con affanno, da quel momento in poi, l’uomo avrebbe tratto nutrimento (Gn 3, 1-23). 

Se facciamo un parallelo con la dottrina penalistica possiamo affermare che Adamo ed Eva non ottemperarono a un provvedimento emanato dall’autorità (Dio), e che tutti i loro discendenti sono ugualmente responsabili dell’omissione. Cadrebbe così un principio fondamentale del diritto penale moderno che afferma, senza possibilità di eccezione alcuna, che la responsabilità penale è personale. La Genesi, così interpretata, codifica un caso di responsabilità collettiva per la quale è sufficiente il legame di sangue perché, per “propagazione”, ogni singolo individuo sia macchiato dal peccato e debba, quindi, morire. C’è un nesso tra la condotta, in concorso, di Adamo ed Eva e l’atto di prendere e mangiare la mela, dal quale i loro discendenti sono totalmente estranei, anche dal punto di vista soggettivo. La prova principe, in un ipotetico processo penale, sarebbe la dimostrazione incontestabile che ancora non erano venuti al mondo. Non si può affermare neanche che la pena sia stata mite, visto che Dio, a fronte di qualche morso a un’unica mela – mica a quelle dell’intero albero –  poteva condannare i celesti imputati, incensurati,  a trascorrere qualche settimana di sofferenza all’esterno del paradiso in terra. Un peccato così lieve non meritava la loro morte e quella dei loro discendenti; i primi, ai giorni d’oggi, anche se patrocinati da un avvocato non specialista nella materia penale, sarebbero stati non punibili per la particolare tenuità del fatto.  E poi, perché disattendere tout court i “sacrosanti” principi del giusto processo? La Chiesa cattolica, però, non demorde, e nel concilio Tridentino dispone la scomunica per chi “afferma che la prevaricazione di Adamo nocque a lui solo, e non anche alla sua discendenza; che perdette per sé soltanto, e non anche per noi, la santità e giustizia che aveva ricevuto da Dio; o che egli, inquinato dal peccato di disobbedienza, abbia trasmesso a tutto il genere umano solo la morte e le pene del corpo, e non invece anche il peccato, che è la morte dell’anima: sia anatema. Contraddice infatti all’apostolo, che afferma: Per mezzo di un sol uomo il peccato entrò nel mondo e a causa del peccato la morte, e così la morte si trasmise a tutti gli uomini, perché in lui tutti peccarono (…)2

La Genesi biblica è storia o allegoria? Per secoli la Chiesa cattolica ha insegnato che il racconto di Adamo ed Eva è realmente accaduto, esattamente come riportato nel libro primo della Torah, escludendo con forza la metafora. La dottrina del monogenismo è ancora sostenuta dalla Chiesa cattolica, tale teoria afferma l’unità originaria dell’intero genere umano, che trae origine dall’unico primo uomo, Adamo. Sul punto il decreto sul peccato originale, redatto nel Concilio di Trento – sessione V del 17 giugno 1946, prevede la scomunica per “chi non ammette che il primo uomo Adamo, avendo trasgredito nel paradiso il comando di Dio, ha perso subito la santità e la giustizia, nelle quali era stato creato e che è incorso per questo peccato di prevaricazione nell’ira e nell’indignazione di Dio, e, quindi, nella morte, che Dio gli aveva prima minacciato, e, con la morte, nella schiavitù di colui che, in seguito, ebbe il potere della morte e cioè il demonio; e che Adamo per quel peccato di prevaricazione fu peggiorato nell’anima e nel corpo (…)”. 

Don Claudio Doglio, noto biblista cattolico, in un video sull’introduzione all’Antico Testamento – Genesi – pubblicato su YouTube spiega:”(…) non stiamo leggendo delle cronache di antichi fatti, ma stiamo ascoltando un insegnamento, una istruzione teologica per la nostra vita. Dunque la Genesi non è un libro d’informazione sui tempi antichi, ma è un libro che istruisce il fedele che aderisce al Signore Dio e gli mostra come Dio abbia lavorato nella storia dell’umanità”. Nei primi undici capitoli della Genesi, prosegue il prelato, non si parla d’Israele ma dell’umanità in genere; il discorso è universale e il linguaggio usato è perlopiù mitico, “cioè, viene adoperato il mito, come avveniva nella antiche culture”. Mentre gli antichi narratori di miti spiegavano la realtà del male attribuendola agli dei, la genesi, invece, racconta la causa del male attribuendone la responsabilità all’uomo che risponde al dono di Dio con un atto di superbia. Il mito viene definito dal sacerdote come non storico ma vero, e questi racconti biblici contengono una verità di Dio in linguaggio mitico. La differenza tra un testo mitico e un testo storico, sempre secondo don Claudio Doglio, è la seguente:”Un fatto storico è capitato una volta e una volta sola. Il fatto storico è irripetibile, invece il fatto mitico capita sempre. Bisogna fare attenzione perché c’è la tendenza a dire che se il racconto è mitico il fatto non è capitato. Dire che non è capitato una volta sola significa dire che capita sempre, capita a tutti, capita dovunque. Quindi è una cosa molto, ma molto, ma molto più vera e importante di un episodio storico, che è capitato solo una volta ed è un particolare. Questi racconti vogliono offrire invece un’interpretazione sapiente di tutta la storia di me e di voi, qui e adesso, anche se narrano di fatti capitati tanti e tanti secoli fa”.

Cosa accade dell’Adamo come fatto realmente accaduto? E’ un fatto storico o un racconto mitico nei termini suddetti? Perché se fosse mitico indicherebbe solo che la Genesi ci comunica la generale disobbedienza dell’uomo a Dio e non un fatto storico capitato una e una sola volta nel paradiso terrestre. Si potrebbe essere tentati di affermare, a questo punto, che non c’è contraddizione tra quanto afferma don Doglio, e tanti altri, e quanto sostiene la Chiesa Cattolica rispetto al peccato originale. Eppure l’incongruenza c’è, ed è evidente, perché se non c’è un primo Adamo non c’è un peccato delle origini, e non può esserci neanche una “propagazione” del peccato a tutte le successive generazioni, contrariamente a quello che afferma la dottrina cattolica nel suo catechismo, che indica inequivocabilmente una “prima coppia” (CCC 376). Se non c’è una “prima coppia” non si viene a capo dell’origine del peccato e non c’è un peccato insito nell’esistere.

Il racconto della Genesi sulla presenza dell’essere umano sul pianeta terra sembra essere, in realtà, una favola per bambini, una storia incredibile nella quale il Creatore, mosso da sentimenti di amore assoluto, punisce la sua creatura pur sapendo che questa, poco prima, non conosceva la differenza tra il bene e il male e non poteva capire e scegliere consciamente. Perché per il cristianesimo il peccato originale è necessario? Perché serve a giustificate la venuta di Gesù, figlio di Dio, che con il suo sacrificio sulla croce riscatta l’umanità e la riavvicina al Signore ottenendo il suo perdono. Secondo Paolo di Tarso “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita“ (Rm 5, 5-11).

Il peccato originale rappresenta la genesi necessaria della dottrina cristiano cattolica, il pilastro senza il quale crolla l’intera struttura e la sua irragionevolezza. Il racconto della creazione si scontra prepotentemente con le teorie evoluzionistiche che raccontano, scientificamente, ben altro sull’origine dell’universo, dell’uomo e sul poligenismo. 

Rimane inalterato l’obbligo di credere per fede e di non mettere in discussione ciò che la madre Chiesa propina ai propri adepti, salvo non si voglia essere scomunicati.

1 Omelia di Sua Santità Paolo VI, Piazza San Pietro, domenica, 30 giugno 1968.

2 Concilio di Trento, sessione V (17 giugno 1546) decreto sul peccato originale.

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